Il ponte di legno si piega ora da una parte, ora dall’altra. Ho già il mal di mare a guardarlo.
“Pensa di salire a bordo, giovanotto, o vuol restare su quella passerella sospesa ancora per molto tempo?”
Mi guarda con sguardo serio ma ha due occhioni enormi sotto capelli cortissimi e sopra a un paio di baffoni bianchi da tricheco posticci.
Sarà alta un metro e sessanta, il viso abbronzato e le lentiggini.
“Oh te?!”
“Che sale o vuole scendere?!” il tono spazientito, falsamente baritono di una donna fiorentina che vuole parlare come un uomo burbero.
Io sorrido e combatto per non scoppiare a ridere. Salgo a bordo.
La passerella viene tolta e il veliero inizia a muoversi.
Mi affaccio alla balaustra perché si è letteralmente alzato in volo, attraversiamo le nuvole che mi si infilano nel naso, nelle orecchie e giù in gola.
Tossisco smanacciando a caso finché la nave non supera le nubi, lo spettacolo toglie il respiro:
sotto la chiglia di legno antico e ricoperto di incisioni e intarsi, scorrono nembi e cirri bianchi e soffici mentre il sole è ancora basso a est.
Procediamo verso sud, mi pare. Ma per quanto me ne intendo potremmo anche girare intorno.
Dal castello di poppa sento dei passi, tacchi a spillo su legno.
Una biondina col caschetto e una barba nera posticcia mi guarda torva dall’unico occhio visibile mentre l’altro resta nascosto dietro una vistosa benda rossa.
Esplodo in una risata e faccio per salutare ma
“Smettila di ridere! Subito!” In effetti sarà la tutina di latex nera in cui è inguainata ma il tono è davvero perentorio.
Mi sforzo di far sparire il sorriso dalla faccia. La capitana piccoletta ma molto determinata, con la erre arrotatissima continua:
“Lo sai perché sei a bordo”, non è una domanda.
“Onestamente no ma è molto bello qui”
“Devi lavorare per noi”- e poi chiama - “Nostromo!”
Da sotto il castello di poppa esce una marinaia piuttosto incinta, con una maglia a strisce bianche e celesti orizzontali, conosciuta anche come “il culo più bello di tutta Tortuga”. Incede lentamente, si tiene la schiena con una mano, giusto sopra il suddetto culo, peraltro sempre notevole.bMi sorride e mi porge un boccale di birra fredda e buonissima.
Le sussurro:“Ma che lavoro devo svolgere?”
Lei mi si avvicina fino a toccarmi con quel bel seno da plurimamma, mi sorride e dice:
“Scrivere Simone. Tu devi scrivere”
La guardo un po' perplesso, poi guardo la capitana che mi squadra con i pugni serrati sui fianchi stretti. Mi giro e guardo la marinaia con i capelli davvero molto corti, le lentiggini e i baffoni bianchi posticci.
Scuoto la testa, alzo le mani e sorrido:
“Va bene, va bene. Avete vinto voi.”