Ho smesso di smettere, Filippo

IlPiccolo e Verdun sono sul prato a giocare sopra una coperta a quadri rossi e bianchi, giocano, ridono e mi guardano e mi salutano sereni mentre mi allontano da loro ed inizio a salire su per il pendio ricoperto d'erba verde brillante.
Su in cielo l'azzurro è percorso da nuvole alte e bianche, rotonde e soffici. Arranco un po', in una mano tengo il filo di un aquilone splendido, come non ne ho mai visti, che volteggia sopra la mia testa.
Il vento aumenta, io scivolo con le clarks e mi maledico che non uso praticamente mai altre scarpe. Inciampo. Una mano identica alla mia, solo più callosa, mi afferra per un braccio e mi sostiene. Mi tiro su e mi guardo un po' più grosso, con la barba un po' più lunga. E' uguale a me ma è vestito con dei pantaloni assurdi a righe bianche e blu verticali e una felpa viola con cappuccio tirato su. Gli occhi quasi non li vedo.
Arrivato in cima, lascio ancora filo, adesso manovrare mi impegna completamente. Noto che il me stesso con la felpa viola ai piedi indossa sneakers rosse. Lui resta lì, accanto a me, in silenzio. E mi guarda manovrare. Sorrido, mi piacciono quelle scarpe.
Adesso sto sudando, faccio fatica, il vento dà tutta la potenza possibile e quello splendido aquilone volteggia, s'impenna e viene giù a velocità folle. La danza nell'aria è così bella che toglie il respiro a guardarla.
Adesso sono arrivati altri due: un altro me però senza barba. Che impressione vedermi senza barba: Occhi grigi, cicatrici e capelli corti castani ma più chiari dei miei. Accanto a lui un uomo grande e grosso coi capelli e la barba biondo-grigi che mi fa un sorriso enorme fatto di denti mancanti e capsule d'oro.
Questo me si mette anche lui al mio fianco a guardare l'aquilone che ora si è preso tutto il filo disponibile, ed io sono aggrappato con entrambe le mani e non lo sto più manovrando, ci sono aggrappato, sono disperato.
I miei occhi piangono, felpa viola mi guarda negli occhi e mi fa un sorriso triste. Occhi grigi mi guarda e basta. L'uomo grande e grosso coi denti d'oro mi mette una grande mano sulla spalla.
Ho capito, ho capito.
Va bene. E' arrivato il momento. Le mie braccia all'inizio sembrano non voler collaborare, le mie mani restano chiuse, le nocche sbiancate. Il filo mi lacera la pelle, la carne ed inizio a sanguinare.
I bambini da basso mi salutano e mi chiamano sorridenti, per attirare la mia attenzione.
Gli altri due me si fanno più vicini. Le nuvole si diradano ancora ed il sole scalda tutto. Ti lascio andare, aquilone.
Ora lo faccio.
Le mani si aprono di scatto, le braccia cadono lungo i fianchi. Tutti gli occhi in su, verso quella magnifica creatura volante fatta di sogni, amore e fantasia.

Si libra ancora sopra la mia testa, ancora un'evoluzione come per accomiatarsi e poi balza via, in quel cielo così azzurro e bello da fare male.

Sì, ho capito. Ciao anche a te, aquilone.