che ore sono? non ne ho idea, è notte.
steso sul pavimento a faccia in su sento il fresco sulla nuca, le spalle, lungo le braccia stese larghe dal corpo.
sbatto le palpebre mentre sul soffitto la luce delle auto che passano filtra dalla persiana, scorre e sparisce verso l’angolo in ombra della stanza.
respiro leggero, non penso.
la storia della canzone più famosa di Eric Clapton, Layla, la conoscono tutti: Eric si innamora della moglie del suo migliore amico, George Harrison. All’inizio rifiuta anche solo l’idea, poi i due diventano amanti.
immagino storie che non so, unisco ricordi con supposizioni, le smonto e le rimonto fino a che non hanno l’unica combinazione possibile, semplice ed indistruttibile.
ok, penso.
cerco l’ombra della rabbia e dello sconforto, non trovo più nulla. cerco di tornare a dove ero rimasto per così tanto tempo solo per scoprire che io non mi sono mosso ma il mondo è andato avanti ed io con lui.
chiudo gli occhi e penso ai miei figli, sorrido alla stanza in penombra. decine di immagini e ricordi affiorano fino a sommergermi.
il sorriso diventa triste ma solo poco.
la frase di George Harrison a Clapton quando scopre la tresca e di fatto dà il suo benestare è molto cattiva, almeno per come se la ricorda Eric nella sua autobiografia.
Poi la ex moglie di Harrison diventa la moglie di Clapton (almeno fino a Lory Del Santo) e lui le dedica un’altra grandissima canzone.
allargo le gambe stese ancora un po’, tipo uomo vitruviano ma con la barba lunga.
devo scrivere qualcosa sul blog.