Convivo da una manciata di mesi. Lei viene invitata da una sua amica di infanzia al proprio matrimonio che si terrà in Lombardia.
Un'amicizia antica, dove si conoscono le famiglie, si cresce insieme in vacanza, poi si vive lontani ma si resta in contatto.
Io lavoro male: troppo tempo e troppa testa dentro i problemi, troppo assorbito. L'ho già scritto che lavoro male, vero?
Lei incapace di gestire nemmeno lontanamente il tempo: dobbiamo partire a metà mattina, partiamo credo dopo l'ora di pranzo.
Guido piuttosto veloce. Lei inizia a ridere di me che freno troppo per le macchine che rallentano davanti, a suo dire. Non ride con me, nemmeno mi prende in giro bonariamente, c'è proprio una vena dura, ride di me.
Io sono molto preso dall'arrivare in orario per la festa, e dal traffico, e dalla velocità e questa durezza la intercetto subito ma me la tengo dentro, incapace di riconoscerla pienamente, spaventato e colpito gratuitamente.
Arriviamo in albergo, la sposa ci ospita in un bellissimo albergo non troppo lontano dal castello in cui avverrà il ricevimento.
Arriviamo puntuali, nessun problema durante il viaggio. Io teso per lo stress e un po' di stanchezza, lei irrefrenabile ed entusiasta. Ci sistemiamo in stanza, scaccio la tensione, la faccio ridere. Ci cambiamo e prepariamo per la festa. Ci accodiamo ad altri invitati, io non conosco nessuno.
Sono tutti molto cortesi.
Un magnifico borgo, una splendida serata, candele ovunque, un giardino splendido, ombrelloni candidi, tavoli apparecchiati, un loggiato sotto cui stanno gli sposi.
Un tramonto screziato di rosso e blu, dopo una giornata nuvolosa.
Iniziano i brindisi, arriva il mio turno per gli auguri agli sposi. Mi presento.
Cosa cazzo ci faccio io qui, mi domando.
Sono completamente fuori posto.
La serata procede benissimo, nessun intoppo. Inizia la musica e la gente balla. Ad un certo punto il fratello della sposa viene a salutarci, si intrattiene con la mia compagna, scherzano, ridono. Lui la desidera, lei ne è consapevole e felice.
Io ho bevuto troppo, li lascio scherzare, anche perché per loro son trasparente.
Io non la amo, lei non mi ama.
Stiamo insieme per non stare soli, eppure mi girano le palle. Sono già il passato, sono già dietro le sue spalle, per quanto lei non ne sia consapevole mi ha già relegato alla lista degli ex qualcosa (amanti, fidanzati storici, flirt, non ha molta importanza adesso). Io lo sento nelle ossa, a me questa consapevolezza fa girare le palle vorticosamente.
La temperatura è perfetta, non fa ancora freddo ma non è nemmeno lontanamente caldo.
Ingerisco quantità di prosecco e spumante brut che stenderebbero un alcolizzato professionista. In effetti in quel periodo ero un alcolizzato professionista. Mi abbrutisco e mi faccio del male come solo i pensieri di un uomo solo e insicuro e riempito di alcolici è in grado di fare, spietatamente: chissà come la tromberà, sarà più dotato di me, quanto la farà godere, lei perderà la testa per lui.
Faccio sorrisi automatici a chiunque incrocio con lo sguardo mentre vago per il giardino, cercando di darmi un tono e non sembrare ubriaco marcio mentre cammino.
Torniamo in albergo ad un'ora del mattino che non ricordo.
Dormiamo.
La mattina passa e noi ci alziamo, facciamo colazione e con calma ripartiamo.
Dimentico in albergo un pettine, il rasoio, la schiuma da barba, il dopobarba, l'acqua di colonia ed una cintura.
In questo viaggio non abbiamo fatto l'amore nemmeno una volta e non lo faremo più.