Mi sono addormentato sulla sabbia, ora fresca prima calda, me la ritrovo sui jeans e sulla camicia con le maniche arrotolate fino ai gomiti.
Mi tiro su sulle braccia, seduto perplesso mi guardo intorno per cercare di capire dove mi trovo.
Piego la testa di lato per stirare il collo, poi dall’altra parte. Qualcosa schiocca forte e mi regala un istante di puro piacere fisico.
Sbatto gli occhi, li schermo con una mano dal sole e l’orizzonte balla liquido tutto intorno solo che dietro di me c’è una strada asfaltata, nera con le strisce gialle.
Davanti a me il mare. Disegno una O con la bocca, come un bambino che il mare non l’ha visto mai.
Poi da qualche parte nella mia testa viene ricollegato l’audio e sento di punto in bianco le onde correre fino a riva, e ritirarsi per ritornare ancora.
Resto lì non so quanto tempo, ipnotizzato con le gambe distese e le clark marroni bucate.
Con una mano sabbiosa mi gratto la barba, è veramente lunga.
Poi mi gratto anche la testa e mi rendo conto di avere i capelli lunghi raccolti sulla nuca.
Sono perplesso.
Mi alzo, e mi tolgo di dosso grossolanamente la sabbia sul culo e dalle mani.
Un po’ più a sud tra la strada e la spiaggia c’è un chiosco,
mi incammino in quella direzione. Tutto chiuso, sembra abbandonato. Non c’è nessun altro sulla spiaggia, nessuno passa sulla strada asfaltata.
C’è uno specchio incrostato accanto al bancone del chiosco, macchiato dalla salsedine e dal tempo passato.
E tutti questi fili bianchi nella barba quando sono spuntati fuori?
Mi guardo negli occhi, sono io, almeno mi riconosco.
“Babbo, adesso hai anche la barba giusta oltre che il pancione per vestirti da Babbo Natale”, Verdun e IlPiccolo mi sorridono, due passi dietro di me, lei è ancora una bambina di sei anni ma già riconosco qualcosa di più, Il Piccolo dietro al sorriso brufoloso e agli occhi chiari è già un uomo.
Mi sfugge un sospiro mentre sorrido loro.
Eppure sono ancora più io, adesso.