Sento grattare le tue dita sulla federa di lino grezzo mentre la notte scorre immobile.
Parli, e la tua voce arriva da lontano, è flebile e incrinata dalla paura.
Mastichi parole che a me arrivano sconnesse e ne sono contento, non voglio sapere, è spiare non volendolo, guardare qualcosa che non è per me, qualcosa che è intimamente solo tuo.
Mi faccio sotto e ti abbraccio con tutto il corpo, infilo il mio naso tra i tuoi capelli e ti accarezzo la nuca.
Il terrore è contagioso ma non mi tocca, almeno non stanotte.
Ti stringo e ti chiamo per nome a voce bassa.
Tu continui la tua litania spaventata. Io mi dibatto un secondo tra lasciarti ai tuoi sogni per quanto terribili o strapparti da loro svegliandoti.
Ti chiamo più forte, ti svegli e mi guardi negli occhi nella penombra della stanza ma non mi riconosci, almeno non subito.
Cosa vedono i tuoi occhi ancora per quel secondo?
Ti alzi, vai in bagno poi bevi un bicchiere d'acqua e torni a letto.
Mi abbracci con le braccia e le gambe e mi metti il viso sul petto.
Poi con una mano mi accarezzi la barba, l'afferri e dopo poco hai ripreso sonno.
Io resto sveglio ancora un po', controllo il tuo respiro, l'orecchio all'erta per cogliere il minimo suono, parola, sospiro spaventato.
Invece nulla.
Mi godo il tuo corpo caldo addosso il mio, la tua mano nella mia barba, il tuo viso sul mio petto.
Mi addormento fantasticando di poter seguire quelle parole spaventate per trovare la fonte e farla a pezzi.
Dormo sogni sereni.