Questa lingua d'asfalto si srotola a perdita d'occhio davanti ai miei occhi, dietro le mie spalle.
Il suono dei passi è attutito dalla suola di gomma piatta delle mie scarpe da cui riesco a percepire il calore e la porosità dell'asfalto nero.
La terra polverizzata è dappertutto e colora tutto di arancione o giallo molto scuro. Mi tolgo per un attimo il cappellino da baseball blu scuro con le iniziali ricamate bianche e mi passo una mano sui capelli corti completamente intrisi di sudore.
Calco di nuovo il cappello in testa continuando a mettere un passo dietro l'altro, il confine oltre una duna tremolante, laggiù a sud.
Non passa nessuno.
Una brezza spira dal mare lontano, da ovest. Mi gratto la barba ormai più bianca che nera e immagino già la sosta della sera.
Un paesino prima del confine, un patio bianco dove ogni sabato sera fanno suonare un'orchestrina e tutti intorno gli abitanti ballano sul prato o ascoltano la musica.
Qualcuno vende birra o qualche bibita fresca e tutti godono del fresco notturno. C'è un barbecue da qualche parte e un profumo di carne alla brace mi fa venire l'acquolina in bocca.
Lo stomaco brontola a solo pensiero e io continuo a camminare nel silenzio irreale di questo deserto arancione.