Sorridere

Ho il fiato corto.
Sudo copiosamente.
Mi siedo su questa panca di legno grezzo e la porta dietro di me si chiude con un sonoro “clang”.
È buio e fresco qui. Il sudore mi cala dalla nuca e dalla fronte.
Ho le braccia e le gambe, soprattutto le gambe, indolenzite.
Mi avvicino i palmi delle mani al viso perché possa vederle nel buio: apro e chiudo le dita, non senza provare un po’ di dolore.
Nemmeno una piccola ferita, una goccia di sangue. Nulla.
Appoggio la nuca alla parete fredda e umida dietro di me. Chiudo gli occhi e ripenso velocemente a tutto ciò che è stato.
Sorrido di me, qui nel buio, solo.
C’è una nuova porta davanti a me. Inizio a percepire i rumori che le montano dietro.
Appoggio il mento al petto.
Dipende solo da me: qualsiasi cosa ci sia dietro a quella porta, sarò io con questa testa e queste mani e questo sorriso.
Mi alzo.
I rumori adesso li sento forti e chiari, attutiti dalla porta davanti a me.
Questo breve momento è un dono prezioso: chi sono adesso.
E poi l’odore dei miei figli, i loro sorrisi e le loro risate.
Gli abbracci degli amici, gli sguardi d’intesa.
Appoggio la mano sulla porta, ne sento il calore e la superficie grezza.
Vibra.
Respiro.
Facciamo tremare i pilastri del cielo ancora una volta.
Sorrido forte.
Apro.