Si fa presto a dir pratese

Il Pratese non è un mero residente nel comune di Prato, della provincia medesima. No. Il Pratese è una razza moderna, antica e proiettata allo stesso tempo sempre al futuro.

Il Pratese è una razza bastarda due volte: bastardo come l'incrocio di razze diverse e come atteggiamento di fronte alle sfide, non lascia scampo o si distrugge nel tentativo.

Le origini sono incerte: figli di guerre, fame e fuoriusciti. Figli di saccheggi e figli della Tramontana, indubbiamente. Quel vento gelido che ulula e scende dalla Valle del Bisenzio come una forza tagliente e ghiaccia che ti schiaccia a terra sul selciato di Piazza del Duomo o sembra voglia aprirti la faccia in due in Piazza Mercatale.

Il Pratese parla con accento originale ma in realtà è la boria che lo contraddistingue, il trasudare la propria sprezzante superiorità sui cugini nobili fiorentini, sui sempre da vituperare pistoiesi e su tutti gli altri fratelli toscani. Gli altri italiani non son contemplati.

Tutti i degni figli di Prato, parlano pratese, con tutti gli accenti del mondo. Perchè ci vuol poco ad essere pratese ed allo stesso tempo è quasi impossibile: non basta e non è nemmeno necessario, la Storia lo dimostra, esser nati a Prato (magari dentro le Mura). No, bisogna amare questo cielo azzurro e la pineta di Galceti, il letto del Bisenzio che è troppo scivoloso anche per lui, le mura del Castello dell'Imperatore, lo scorcio del Duomo con il pulpito ed il campanile dietro. Sentirsi in casa propria in piazza del Comune o nella piazzetta delle Bigonce, smadonnare per l'ennesima stagione teatrale del Metastasio. Imputtanirsi per tifare il Prato, anche se dovesse finire nei Dilettanti.

Volete la cittadinanza Pratese?

Per essere Pratesi bisogna aver voglia di lavorare almeno 10 ore al giorno (e vi faccio un generoso sconto).
Arrivare al fine settimana stremati e vergognandosi come dei ladri per non poter lavorare anche di domenica.
Dire buongiorno e buonasera a tutti e poi farsi sempre e comunque i fatti propri.
Conoscere a memoria "Madonna che silenzio c'è stasera" perché è un film Pratese per i Pratesi da un grande Pratese.
Leggere Maledetti Toscani di Curzio Malaparte e poi rileggerlo ancora.
Anche se si è di idee politiche diverse, contenti voi, aver visto "Berlinguer ti voglio bene" fino al punto di capirlo davvero, e quindi farvelo piacere, a forza se necessario.

E se ti chiami Farid, Martin, Xi Long, Karim a me non me ne frega un cazzo. Quarant'anni fa c'erano Pasquale, Totò, Salvo, Gennaro e tanti tanti altri che sono venuti a Prato a patire e sudare e a vivere e a godere e che a nessuno di loro è stato impedito di dire: oh! Icchettuvoi!?!

Bòna, Nini...