La fretta con il nodo in gola e restare aggrappato a quel briciolo di lucidità, o di sua parvenza che ti guida nel prendere le tue cose e portarle via. Toglierle da quella che comunque doveva essere casa tua e portarle da un'altra parte. Prendere le cose a cui sei più affezionato, quelle che sono sopravvissute a traslochi familiari, ai gusti mutati nel tempo, cose a cui ci si affeziona tanto più diventano testimonianze di ere passate che alla fine nemmeno ti rappresentano più. Le collezioni più improbabili, le canzoni che non riascolterai mai. Fogli ingialliti dal tempo su cui hai scritto le prime cose.
Avere dato anche a loro una casa che non era né sarà più loro, tua, mia. La gola è stretta in una morsa ferma, decisa. Ci si potrebbe quasi abituare a respirare in un rantolo, quasi. Gli scatoloni vengono riempiti, caricati, scaricati, riportati e riempiti ancora. Il sudore cade negli occhi che lacrimano già per conto loro e nemmeno te ne eri accorto. La polvere e l'odore di bucato, quell'odore di bucato che stai lasciando, che non ti appartiene perché così alla fine hai deciso.
Qualcosa che era già rotto, dentro di te si rompe ancora un po'. Trabocca la voglia di fuggire da sé stessi con la mente ottenebrata dal dolore, dal senso di sconfitta, dagli affetti più cari lasciati lì. Lo smarrimento mentre crolla un intero ordine di riferimento. Punti cardinali di un'esistenza che cadono inghiottiti in un momento.
Negli scatoloni sarebbe da mettere ben altro che i libri di Tolkien o i cd dei Led Zeppelin. Vorresti metterci il senso di colpa per il male che infliggi, per un mondo che hai contribuito a creare e a tratteggiare in un ipotetico e bel futuro e con un solo gesto hai deciso di abbattere, vinto.
La consapevolezza fredda e assoluta, lucente come una lama perfetta del dolore che hai provocato e che provocherai. La cappa di ghiaccio che ti avviluppa il cuore e mentre ti isola ti stritola perché sei contemporaneamente carnefice e partecipe del dolore inflitto. Sentire la responsabilità di un gesto del genere cambia per sempre la natura umana ma non la stravolge, la definisce ancora meglio, ne sottolinea certi contorni, rimasti fino a quel momento prudentemente nell'ombra.
Dare dolore è un'epifania terribile perché definitiva. E' mostrare a sé stessi chi siamo nel profondo, è acquistare una consapevolezza di sé che non si può più nascondere o ridimensionare, battezzata col dolore di chi ami di più.