Loredana Lipperini scrive di Gabriele Romagnoli che su Repubblica di ieri scrive di Chuck Palahniuk:
"Non ne leggevo da un po’, di affondi così. Sul quotidiano di oggi, Gabriele Romagnoli spara contro Chuck Palahniuk. Ammetto di aver nutrito qualche perplessità proprio da Cavie in poi. Ma mi aspetto sempre una zampata imprevista che mandi tutto a carte quarantotto. Ad ogni modo, questo è l’articolo:"
Requiem per un autore cult: Chuck Palahniuk 1996-2004. C´eravamo tanto amati, era stato un punto di riferimento, una sorgente di energia letteraria. Si è spento. Riposasse in pace. Tre indizi sono una prova? Il quarto è la “pistola fumante” che spara e abbatte. Il declino era cominciato nel 2005 con un pasticcio intitolato Cavie. Spacciato come romanzo era, con evidenza, una raccolta di racconti cuciti insieme con un pretesto che infilava pagine inutili tra una storia e l´altra. La cosa peggiore fu la giustificazione dell´autore: “L´editore sosteneva che i racconti non hanno mercato”. Fermi tutti. Un´affermazione del genere in bocca al demone di Fight Club? Allo scrittore che sganciava bombe contro la mercificazione della vita in America?
Facciamo finta di niente: una brutta serata capita a tutti. Ma due anni dopo esce Rabbia. Palahniuk ha un nutrito fan club. Uno dei suoi grandi sostenitori in Italia è stato Franco Bolelli, a sua volta autore cult, che in Cartesio non balla lo aveva inserito nell´Olimpo del pop, tra dei trasversali come Tom Robbins e Phil Jackson. Ecco quel che scriveva Bolelli di Rabbia: “Che cosa dobbiamo fare con questo benedetto ragazzo? Per duecento pagine e passa ti chiedi scuotendo la testa perché lo stai leggendo. Sembrano passati mille anni da Soffocare. E invece sono soltanto sei da un piccolo, pressoché terminale capolavoro. Bolelli salva in corner Rabbia, per il suo finale e rimanda Palahniuk alla prossima.
Ed ecco che arriva Gangbang. E qui cito da un blog di “paladipendenti”: “Inutile tergiversare, ormai le voci sull´ultima fatica di Palafuff hanno preso a girare e qualcosa bisogna pur dire: magari aspettate l´edizione economica, se proprio non volete farvi del male… non per lo scandalo ma per la noia. La battute sui titoli dei film porno che ricalcano gli originali sono cosa da scuola media, le gag sono stantie e le idee narrative poche, resta la ricerca dell´effetto disgusto, ma come sempre quando Palahniuk è a corto di idee, il tutto rimane fine a se stesso”.
Fine delle trasmissioni? Difficile arrendersi quando si è di fronte a un nuovo libro con il nome dell´autore che ti ha dato Survivor e i reportage raccolti con il titolo La scimmia pensa, la scimmia fa. E allora ci si prova anche con l´ultimo, Pigmeo. Che dire? L´edizione originale americana aveva una cosa buona: la copertina. Su fondo giallo accecante una figurina rossa tipo soldatino di Mao correva esaltata reggendo il proprio braccio mozzato che impugnava il libretto del leader. La Mondadori ha pensato invece di richiamare l´attenzione sulle 238 pagine a 17 euro con una bonazza in lingerie gialla su fondo giallo che si accende una bomba. E perfino quell´immagine resta migliore del testo. La cosa più provocatoria è l´epigrafe: una frase di Adolf Hitler, “Chi possiede la gioventù possiede il futuro”, buona da trasmettere in sovrimpressione al prossimo abbraccio tra Berlusconi e Gheddafi.
Poi attacca la storia, suddivisa in capitoli che sono altrettanti finti dispacci (36, tutti identici per struttura, cosicché dopo un po´ salti le prime righe) inviati in linguaggio maccheronico da un ragazzino orientale spedito in America con la copertura di uno scambio studenti, in realtà parte di una baby cellula terroristica. Educato da una virtuosa dittatura dei valori il “pigmeo” vede l´America a modo suo, fraintendendola o forse capendola davvero. Ne esce una satira del sistema di vita americano un po´ déja-vu. Già visto dove? Un attimo, ci sono quasi. No, ma lì era fatta molto meglio. Dove? In Fight Club, romanzo d´esordio di quel Chuck Palahniuk che non va confuso con questo che gli adoratori traditi chiamano Palafuff.
Pigmeo, come il titolo pare suggerire, è materiale per un testo breve, un racconto ci può stare. Al settimo dispaccio siamo tutti pronti per l´attacco preventivo alla Corea del Nord o quale che sia la patria che ci ha mandato questo flagello petulante, questo saccentello che a ogni capitolo fa una citazione e la ripete a riga prestabilita (da Marx a Mao, da Bakunin a, rieccolo, Adold Hitler che ritorna con il suo grande successo: “L´epoca della felicità individuale è tramontata”). Di nuovo, quando non sa che cosa fare, tra un tormentone e l´altro, Palafuff la butta sul disgusto: una bella sodomizzazione tra minorenni e via, una Columbine di passaggio e siamo a dama.
Pigmeo ha un piano: vuole arrivare a Washington e fare un massacro. Che cosa va storto? S´innamora. Di una ragazza e dell´America. “In realtà questa è una commedia, romantica per giunta” avverte l´autore. In realtà questa è una tragedia, un fuoco d´artificio dove la parola chiave non è fuoco ma artificio. Ogni romanzo è una costruzione, ma questo è fatto con il Lego. Sul sito ufficiale del fan club si recensiscono anche opere di altri autori e qualcuno si stupisce piacevolmente che Philip Roth con l´ultimo Indignazione abbia abbandonato il tema della senilità per raccontarci la storia di una individuale e letale rivolta giovanile.
Vivaddio. Sarebbe stato il caso per Palahniuk di abbandonare i temi delle psicopatologie, dell´adolescenza perversa, dell´immaturità collettiva. Probabilmente non ci riesce, prigioniero di un personaggio che è diventato un marchio. Non ce la fa neppure umanamente: per concedere un´intervista a Vanity Fair si è sentito in dovere di bendare, ammanettare l´inviata e condurla a un parco giochi (Ohhh! Trasgressione!!!). Oggi Palahniuk rappresenta nella letteratura americana quel che Night Shyamalan rappresenta nel cinema: un esordio fulminante (Il sesto senso) qualche altra prova interessante, poi solo cose imbarazzanti. Com´è che si chiamava l´ultimo film di Shyamalan? E venne il giorno. Ecco, è venuto il giorno di congedarsi da Palahniuk. La prossima volta mettete in copertina un segnale stradale: divieto d´accesso.