Ed eccoci qua.
Quando incontri un gruppo rock che non accetta compromessi verso un sistema economico, pur potendoselo permettere, e soprattutto verso il proprio successo passato in teoria dovresti esserne sempre felice. E invece no. Ogni volta che esce un disco dei Pearl Jam sei indeciso tra l'aspettarti un capolavoro o un mezzo fiasco (o anche solo un disco medio, inaccettabile). E questa è la loro più grande lezione. Osare, non appoggiarsi al passato. Fare tesoro, imparare, sbagliare, ripartire. E osare.
Quando uscì Ten grazie al mio buon Marcone scoprimmo questa perla di disco: era nuovo, anzi era un debut album ed era formidabile nel suo rock, nella sua potenza espressiva, nelle melodie, nella voce di Eddie Vedder e nelle sue suggestioni. Erano anni fecondissimi, decine di grandi dischi, alcuni gruppi che sono riusciti ad arrivare fin qua ma nessuno di quelli ha fatto il percorso dei Pearl Jam.
Nella loro discografia ci sono episodi che penso si possano ritenere meno riusciti, senza scatenare l'odio (del resto per chi vuol discutere con me, consiglio sempre questo).
Lightning Bolt è un gran disco, e questo non è in discussione salvo per i seguenti casi:
- quelli per cui i Pearl Jam non mi garbano per nulla
- quelli che no come Ten poi la morte
- quelli che E ma i Nirvana... (o qualsiasi altro gruppo a scelta)
- quelli che o ci sono venti minuti d'assolo di chitarra capolavoro o nulla (che poi son tran quelli al punto 1)
- quelli che chi?!
Lightning Bolt è un disco maturo, che racchiude e richiama direi in modo evidente e compiuto i diversi generi musicali loro più congeniali, dal punk-rock al folk-rock passando per del sano e robustissimo hard-rock con ballad e melodie aperte e spianate.
E così gli amanti delle etichette musicali li abbiamo sistemati (e no, ragazzi, no grunge here).
La produzione è di altissimo livello, e ci mancherebbe. Anche la scrittura e la struttura del disco sono studiate: il disco parte con i pezzi più rock e dalle sonorità più dure (in relazione al genere, relax), a voler dire: siamo qui, in forma, ragazzi. E per niente dimessi. Poi si passa via via da Sirens (pezzo clamorosamente bello) a Pendulum con sonorità da b movie italiano anni '70 (bella) per chiudere con Future Days, sipario, applausi.
Anche i pezzi più di maniera appaiono congeniali al disco e nessun riempitivo.
La consapevolezza malinconica della maturità e al contempo la solarità della voce di Vedder: non l'ho mai sentito così in forma in un disco.
Siamo invecchiati insieme, ragazzi, e mica poi così male.
Grazie.