Prato. Nove e dieci, domenica mattina.
Finalmente cielo limpido e sole tiepido anche se la tramontana, seppur lievemente, ci ricorda che il freddo è ancora tra noi.
Si affrontano due squadre di bambini: amaranto contro gialli. Età dei giocatori, 10 anni. La partita si articolerà in tre tempi di quindici minuti ciascuno. Giocano sei contro sei, oltre ai due portieri. Le porte sono diposte sulla linea di fallo laterale all'altro di un campo regolamentare, che per loro invece è delimitato dalla linea del centrocampo e di una delle due aree di rigore. Arbitra uno dei dirigenti della squadra ospite.
Fischio di inizio. Guardo i bambini schierati in campo e... Divento felice. La squadra amaranto conta nel proprio organico due bambini di origine indo-pakistana (forse, non me ne intendo) e un bambino cinese alto e veramente possente.
Sorrido.
Uno dei due bambini indo-qualcosa, il numero otto, ha un passo elegantissimo. Si nota subito. Per tutta la partita sarà l'unico dei suoi ad essere su tutte le azioni, su tutti i palloni. Tutta la squadra cerca, giustamente, lui.
Il bambino cinese corre dietro al pallone, come fanno praticamente quasi tutti gli altri, senza alcun senso del proprio posto in campo e ancora alcuna cognezione di tattica. Però quando gli avranno insegnato come stare nel centro della difesa, secondo me, dalle sue parti, passeranno pochi avversari palla al piede...
La partita prosegue regolare. I genitori infreddoliti applaudono ad ogni conclusione di entrambe le squadre. Poi tutti negli spogliatoi. Io resto a guardare i giardini dell'ex-Ippodromo e poi mi dirigo all'uscita. Il ragazzino cinese e uno dei due indo-qualcosa parlano seduti sulla spalliera di una panchina, già intenti a guardare la partita successiva di ragazzi più grandi, oramai iniziata. Il primo domanda:
-
E a te quale ti garba?
-
Eh... Io vorrei essere il numero 10, però anche i'sette mi garba parecchio.
Il mio sorriso si allarga ancora di più.
Fine.
Applausi.