Caro amico comunicatore ti scrivo

Caro amico comunicatore ti scrivo, così mi rilasso un po'. E siccome il nostro è un lavoro di merda, più forte ti scriverò.

Da quando ho iniziato, una cosa mi è parsa prima dissonante poi si è fatta via via più chiara, fino a divenire lampante: tutti pensano di essere dei gran comunicatori. Del resto studi specialistici ce ne sono ma non garantiscono nulla. Sei un buon comunicatore se ci nasci e coltivi questa tua capacità. Se non ci sono studi specialistici allora chiunque sappia teoricamente comunicare, tutti, si sente in diritto, non necessariamente sbagliando, di mettere bocca nel tuo lavoro. Non sanno, Loro, cosa vuol dire rimettere in fila i concetti, ragionare per sintesi progressive, concentrarsi sul ritmo, stare attenti a dosare lucidità ed emozione, pizzicare le giuste corde e colpire il bersaglio: fare arrivare il messaggio giusto, alle persone giuste, nel modo (e nel tempo) giusto.

Cosa vuoi che ti dica, amico mio? Quando si tratta di comunicare si fa una gran fatica. Io di mestiere vendo chiacchiere con la mia faccia e la mia voce e le mie parole scritte e quindi un po' ti capisco. Ti vedo al lavoro, un po' depresso perché tutti lì a pontificare e a scegliere che parole metterti in bocca. O quelli che faccio tutto io e tu stai lì solo a certificare quanto siano giusti Loro.

Tu resisti perché sai qualcosa che Loro non sapranno mai. Scrivere è fatica pura ed è la cosa più bella del mondo.