L’intonaco beige rimanda il calore del giorno ormai finito.
La strada davanti è quasi deserta se non fosse per gli avventori del locale da aperitivo dall’altra parte.
Appoggio la nuca al muro e mi ciondolo indietro sullo sgabello, guardando i clienti alcolizzati dell’ora di cena.
La birra è quasi finita, le fanno sempre troppo piccole. Dovrebbero fare dei boccali seri, alla bavarese invece di queste pinte anglosassoni da mezze seghe, penso sobriamente tra me e me.
Passa una macchina che rallenta, vuoi per le mie gambe a penzoloni da una parte, vuoi per il dehor affollato dall’altra parte: gente appoggiata alla ringhiera di ghisa, gente in piedi, gente che ragiona e sorride come se qualcuno tirasse loro dei fili fermati agli angoli delle bocche. Così giovani e così pali in culo.
Sbadiglio e mi gratto il petto.
Ogni tanto qualcuno dell’altro lato della strada, mi guarda come si guarderebbe una cacca di cane che è entrata momentaneamente nel proprio orizzonte: fastidio, ribrezzo e via.
Quando qualcuno mi guarda un po’ di più, lo riguardo e se insiste gli sorrido, almeno un poco, e quello smette.
-A che birra sei? Mi domanda il simpatico amico con la barba perennemente in ritardo.
-La prima. Lo sai, ho smesso.
-Allora ti prendo la seconda.
E s’infila dentro al mini birrificio mentre io resto di guardia appoggiato al muro, a ciondoloni sullo sgabello.
A un certo punto dall’angolo della strada sbucano tre ragazze (“scusami ma per te fino a quando una donna è una “ragazza”? “Mah… direi almeno fino ai quaranta, portati bene”, ndS).
Una di loro ha dei lunghi capelli rosso-arancioni, porta delle scarpe da ginnastica e un bel vestito nero ma corto, spalle e schiena scoperte a mostrare i tatuaggi.
Mi guarda, e io seguito a guardarla presumo anche con la bocca un po’ aperta.
Si volta ma con calma e va a sedersi nel locale di fronte, dandomi le spalle.
Io sbatto gli occhi, una, due volte.
-Ecco la tua seconda birra. Icché c’è? -poi abbassando la voce- chi t’hai visto?
Mi giro a guardarlo come se lo vedessi per la prima volta, sbuffo infastidito, poi mi volto ancora a guardare lei.
-Ah, ecco. Cin cin!
Prendo il mio bicchiere e lo sollevo verso il mio amico senza nemmeno girarmi.
-Pare quasi un tu n’abbia mai visto una donna prima d’ora, eh? Sei ridicolo, Simo.
Me lo dice con quel tono di voce canzonatorio e affettuoso suo solito.
-Vero, rispondo.
Dopo un tempo che mi pare infinito riesco a girarmi e si inizia a parlare delle nostre cose: della città, di politica, di calcio, di fantascienza e poi di donne.
A quel punto mi volto ma lei non c’è più e nemmeno le sue amiche.
-È un po’ che è andata via eh, però la t’ha guardato a modino.