Vuoi una birra?
Centro commerciale, gonfiabili.
Urla belluine di bambini dai quattro ai non so che anni.
Il padre del giovane festeggiato che non mi ha mai visto prima mi accoglie con un sorriso incerto, fuori dal box riservato:
-In frigo c'è la birra, serviti pure.
Aiuto Verdun a mettersi i calzettoni antiscivolo, quelli grigi con i talloni blu e i teschi gialli di gomma.
Mi bacia, mi fa un sorriso clamoroso dei suoi e fila dalla sua amica del cuore che sta già ruzzolando giù da un enorme scivolo.
Mi siedo fuori dal box e allungo le gambe mentre saluto i genitori che non riconosco, loro si vede sì, o sono solo più educati di me.
Mi estraneo.
-Oh, mi raccomando, quando vuoi, dentro c'è la birra, mi ridice.
Gli sorrido, lo ringrazio e sono combattuto tra l'immedesimarmi con la sua cortesia preoccupata e solerte o mandarlo in culo per aver organizzato il compleanno del figlio in questa bolgia dantesca fatta di puzza di patatine al formaggio, sudore, zucchero e Nutella calda.
Al terzo invito in venti minuti entro nel box, prendo una pizzetta e oso un bicchiere di cedrata.
Ci sono altri padri, c'è quello che prende e si va a fare un giro nel centro commerciale, quello sempre al telefono, quello che ha lo sguardo perso con cui scambio un silenzioso cenno di riconoscimento.
Mi riallungo un po' sulla sedia di plastica, non mi sono nemmeno tolto la giacca di pelle.
Resto con gli occhi aperti ma i rumori di tutto quell'ambiente claustrofobico somigliano a quelli di un pomeriggio su una spiaggia d'agosto affollata, vanno sullo sfondo, quasi gradevoli mentre sono tra il sonno e la veglia.
Un indizio di barba sul viso di mio figlio, Verdun che si preoccupa che io sia sempre solo e che vuole trovarmi la fidanzata, gli amici che vanno avanti, quelli che tornano un po’ indietro, lo scorrere del tempo ha mille facce.
Ho sempre creduto di vivere sempre e solo in attimi prima di prendere la rincorsa, mentre non ho fatto altro che saltare tutto il tempo, a volte come una scimmietta ammaestrata, a volte come un saltimbanco idrofobo fuori controllo, sempre senza nemmeno rendermene conto, sempre senza pensarci due volte, riflettere, ponderare.
Ho sempre rfilettuto a posteriori, tra un salto e un altro, confondendo causa ed effetto, piegando alla realtà i miei desideri, le ansie e le paure mentre il mondo intorno a me girava molto più semplice e immediato di quanto potessi concedermi di credere.
Mi riscuoto, seduto sulla piccola sedia di plastica torno al presente. Mi alzo e sgranchisco le gambe. Entro a prendere ancora una pizzetta e un bicchiere di cedrata ormai calda e sgasata.
-Se vuoi, nel frigo ci sono le bevande in fresco.
Sorrido ai genitori lì intorno.
Mi risistemo nel mio cantuccio, guardo Verdun ruzzolare giù dal suo scivolo gonfiabile, ride.