Vlčica
Il lupo venne un mattino di novembre.
Era malconcio, il pelo grigio-chiaro e bianco completamente chiazzato di sangue rappreso e terra scura secca. Procedeva in diagonale e uggiolava a testa bassa.
L'uomo aprì la porta della sua baracca e lo vide avanzare verso di sé, allo stremo delle forze. Si lasciava dietro il sangue nella neve alta. Scese i tre gradini di legno e cominciò ad avanzare verso la bestia che dopo pochi secondi cadde al suolo, esausta.
L'uomo aumentò il passo e non ebbe paura: si piegò verso l'animale e lo prese in braccio e con fatica e non poca difficoltà lo portò dentro la baracca. Abbracciare un lupo, per di più ferito, era una cosa folle. Probabilmente, pensò l'uomo mentre rientrava verso la baracca, la solitudine lo stava facendo impazzire.
Il fuoco fu ravvivato, stese le coperte più calde e pulite su cui fu adagiato il lupo ed iniziò a pulirlo con dei panni bagnati e caldi.
Le fiamme danzavano alte nel camino e passò il pomeriggio a pulire il manto bianco in cerca di ferite che non trovò. Evidentemente il sangue era di qualche altra creatura ed il lupo era sfinito dallo scontro. Portò via gli stracci oramai sporchi e ritornò vicino al fuoco con due ciotole: una era piena d'acqua e l'altra era colma di carne fresca di selvaggina.
Si mise a sedere sulla sua poltrona, accanto al giaciglio dell'animale, davanti al fuoco. Lo ravvivò ed aggiunse nuova legna. Era una femmina, e sembrò riprendersi come da un torpore, alzando la testa di scatto. Guardò l'uomo negli occhi, e non mosse nessun altro muscolo. A vederli così sarebbero parse due statue perfettamente riproducenti un uomo ed una lupa, davanti ad un camino.
Negli occhi dell'uomo non c'era paura, né preoccupazione, c'erano curiosità e simpatia, sicuramente bontà. Gli occhi dell'animale erano attenti, e piantati in quelli dell'uomo. Poi altrettanto velocemente, come se si fosse ricordata di qualcosa, la lupa iniziò a mangiare nella ciotola e a bere. Nessuna rapida voracità ma calma e meticolosità: un boccone alla volta, un po' d'acqua. Un altro boccone fino a quando l'animale ebbe ripulito tutto. Dopo di ché si rimise distesa sulle coperte, con la faccia rivolta un po' verso il fuoco, un po' verso l'uomo, osservandolo. Questi non si alzò ma iniziò a cantare una vecchia ninna nanna di quando i suoi figli erano piccoli, ed iniziò a dondolarsi sulla sedia.
Le orecchie della lupa si mossero ma restò per il resto immobile, fino a chiudere gli occhi ed addormentarsi tranquilla.
L'uomo smise di dondolarsi e continuò a cantare ancora qualche minuto con la sua voce bassa e piana, poi smise e aggiunse altra legna sul fuoco ma facendo il minimo rumore possibile. Poi si rimise sulla poltrona si addormentò come non gli accadeva da troppo tempo.
Venne la notte ed il fuoco fu ravvivato. Il nuovo giorno li raggiunse ancora addormentati davanti al camino acceso.