Il ballo
Questo sole ancora alto alle nove di sera che picchia in testa forte non è divertente, no.
L'aria cambia, si fa fresca, un po' più tesa e mi porta odore di carne alla brace e musica con violini e chitarre e risate.
Il paese sembra deserto, accelero il passo in cerca di questo miraggio. Nessuno in giro, nemmeno un cane. Tutto pulito in questo piccolo paese di frontiera tra un deserto e l'altro. Anche la tavola calda è sprangata, seguo la musica e l'odore di salsiccia sul fuoco. Il mio stomaco brontola un notevole interesse, svolto e prendo una piccola salita che gira intorno a un grosso edificio pubblico, una scuola.
Adesso sotto la strada ci sono dei giardini, anzi un vero enorme parco pieno di persone stese su coperte, intente a bere e mangiare e sorridere. Sotto un patio bianco una vera orchestra di chitarre di ogni dimensione e violini e tamburi suona musica che non conosco, vivace e divertente. Coppie ballano e vorticano velocemente ridendo e parlando e chiamandosi l'un l'altra.
Cammino verso di loro quando vengo intercettato da due signore anziane che mi prendono a braccetto e parlandomi contemporaneamente mi raccontano tutta la storia del paese, della festa e mi chiedono chi sono e da dove vengo e dove vado. E mentre tento di rispondere alle loro domande in fila serrata riescono a mettermi in mano un generoso bicchiere di birra scura e schiumosa e un piatto di pane e salsiccia alla brace e fagioli stufati. Son commosso da tanta generosa accoglienza, mi accompagnano ancora un po' e mi indicano un posto sotto un grosso albero e mi prestano una coperta di lana su cui sedermi.
Incrocio le gambe e inizio a mangiare come uno che non ha mangiato mai, bevo la birra e solo distrattamente guardo le persone che ballano mentre la musica continua a riempire l'aria, adesso rossa, poi indaco.
Poso il piatto vuoto e distendo le gambe, preoccupato perché dovrò alzarmi per farmi riempire il bicchiere quando tre ragazzine arrivano ridendo e dandosi di gomito e mi porgono un bicchiere pieno. Le guardo talmente stupefatto che loro scoppiano a ridere all'unisono, e tutti intorno sorridono per la scena. Sorrido di rimando, farfugliando saluti in almeno tre lingue che illuminano i loro volti.
Ancora con il resto di un sorriso ebete soddisfatto, mi volto a guardare chi suona e chi balla e li noto: lei molto alta con i capelli lunghi mossi, direi castano scuri, un paio di scarpe da ginnastica gialle, lui un omone con una barba nera stretta a incorniciagli il volto.
Ballano un fandango e si tengono entrambi con una mano ad una bandana rossa e bianca e volteggiano, ridendo e guardandosi negli occhi e io vedo solo loro.
Tutti stanno guardando solo loro.
Adesso il sole è lontano ormai dietro le montagne e una luna gigante quasi piena riempie il cielo. Il fandango continua imperterrito, aumenta di ritmo e le altre coppie restano ai margini, anche loro guardano quei due volteggiare sul prato, sotto l'orchestra, ormai immemori di dove sono.
Il pezzo sale in crescendo poi un finale a effetto. Balzo in piedi e applaudo la musica, applaudo quei due, tutti li stanno applaudendo. Loro stremati, ansimanti e felici si rendono improvvisamente conto che tutto il paese li sta applaudendo, sgranano gli occhi, i sorrisi imbarazzati e felici.
Riprendo il bicchiere mezzo vuoto e lo alzo, brindo a loro due, un brindisi senza parole e con gli occhi lucidi.