Riva
Il sole è ancora abbastanza basso sulla sinistra mentre cammino lungo la spiaggia verso sud.
Il mare risuona appena, mentre si ritira aspettando un’altra onda, lieve e trasparente.
Il riverbero della luce sulla sabbia sotto l’acqua, il colore bruno di quella a riva e quello beige di quella asciutta, l’orizzonte solo celeste a destra, verde e celeste a sinistra, tutto mi dice “casa”.
Mi basta chiudere gli occhi per pochi secondi, il tempo di tre respiri e tutto si riforma davanti a me.
Sento quasi l’odore della salsedine e dell’umidità residua della notte e quella della alghe appena depositate.
In realtà le auto corrono piuttosto forte, le ombre tra i palazzi sono profonde, il sole è ancora alto anche se sta ormai tramontando.
Ci sono almeno centotrenta chilometri da quella spiaggia e più di vent’anni di tempo trascorso.
Mi siedo su una specie di panchina sotto l’ufficio.
Guardo passare le macchine mentre il locale nella corte del palazzo davanti inizia ad attirare ragazze e ragazzi per la serata. La musica è alta, ballabile e mi fa cacare, anche ovattata, anche da qui.
Ogni tanto sul marciapiede passa veloce qualcuno col borsone della palestra che si trova poco più giù, girano lo sguardo verso di me che ho il viso sfatto e il ventre che mi tira la polo proprio sul davanti.
Mi tocco la pancia, quasi preoccupato che me la possano bucare con uno sguardo. Mi rassicuro accarezzandola mentre sostengo il loro sguardo per tutto il tempo, mi gratto la barba e poi sbadiglio.
Mi alzo e svariate ossa schioccano il loro disappunto, le caviglie, la schiena, il gomito e il pollice destro.
Mettendo un passo davanti all’altro saggio la resistenza dell’asfalto rispetto al marciapiede, poi penso ad una canzone di cui non ricordo assolutamente le parole, fischietto e faccio “nanananana” a bassa voce.
Ci vorrebbe una doccia adesso ma subito, vestito e acqua quasi fredda, poi molto fredda.
Arrivo ai giardini che son diventati un porto franco per spacciatori e disperati che ricercano un po’ di fresco durante la giornata.
Mi siedo un secondo e guardo a destra e poi a sinistra. Esercito la mente a vedere un luogo che attraverso tutti i giorni da un punto di vista differente, con un tempo diverso, più lento.
La giornata è stata lunga. Chiudo gli occhi ancora qualche minuto, poi vado a casa, devo preparare la cena.